Protesi all'anca, la fisioterapia per tornare in piedi
L’anca, detta anche articolazione coxofemorale è la più grande struttura ossea dello scheletro umano e ha la funzione di congiungere bacino e arti inferiori.
Proprio a causa della sua funzionalità è soggetta a continue sollecitazioni e, a lungo andare, può essere protagonista di un processo di usura (artrosi d’anca) più o meno grave.
Come evitare l’intervento di protesi dell’anca
La fisioterapia è la sola possibile alternativa alla protesi ma il percorso riabilitativo va iniziato subito. L’artrosi d’anca è una patologia che interessa la cartilagine articolare, cioè quella che ricopre le due zone ossee che vengono a contatto all’interno dell’articolazione. La cartilagine che protegge l’osso e lo salvaguarda dall’usura, è un tessuto biologico che si nutre principalmente con il liquido che si trova all’interno dell’articolazione (liquido sinoviale).
In particolare la cartilagine articolare è composta da cellule chiamati condrociti che permettono alla cartilagine di essere un tessuto con ottime caratteristiche elastiche, resistente alla pressione e alla trazione, ma purtroppo i condrociti hanno capacità di rigenerazione molto scarse.
Per questo dobbiamo mettere in atto tutte le azioni di prevenzione per difendere le nostre cartilagini.
Il fisioterapista è il professionista che affianca il paziente in questo percorso, mettendo in campo tutte le sue conoscenze cliniche.
Tra gli strumenti che ha a disposizione i fisioterapista per trattare l’artrosi dell’anca, oltre alla terapia manuale e all’esercizio terapeutico, ci sono i mezzi fisici: Laser, Tecar, Ultrasuoni, Magnetoterapia, Ipertermia che possono essere molto utili nella gestione del dolore e dell’infiammazione.
La protesi dell’anca
Quando non c’è più alternativa, la protesi è quindi uno strumento che offre la possibilità di ri-garantire il corretto funzionamento delle anche, ripristinando le condizioni di normalità di cui si godeva prima del processo di usura.
La protesi d’anca, infatti, non è altro che un’articolazione artificiale realizzata con diversi materiali, che sono variati nel tempo ( metalli di acciaio chirurgico, bioceramiche, polietilene.) e progettata, appunto, per offrire le stesse funzioni di un’anca naturale.
Protesi d’anca e riabilitazione
L’operazione chirurgica all’anca non è uno step obbligato solo quando il paziente subisce un trauma ma anche in presenza di sintomatologie degenerative che provocano l’alterazione della cartilagine articolare, su cui la terapia conservativa non han ottenuto risultati soddisfacenti. Generalmente, i problemi che causano la degenerazione delle cartilagini e, di conseguenza, prevedono l’inserimento della protesi all’anca sono:
• Coxartrosi è l’artrosi dell’anca e consiste in un’alterazione degenerativa della cartilagine articolare;
• Displasia dell’anca. Detta anche lussazione congenita dell’anca, questo malessere è causato da una malformazione congenita che prevede la non collimazione tra testa del femore e la capsula acetabolare: l’articolazione risulta così instabile;
• Confitto femoro-acetabolare è una situazione irregolare per cui la testa del femore e l’acetabolo vengono a contatto in maniera anomala;
• Osteonecrosi della testa del femore. L’osteonecrosi è una particolare condizione patologica caratterizzata da un mancato afflusso di sangue che porta alla morte del tessuto osseo.
Il programma riabilitativo pre-operatorio
La riabilitazione pre-operatoria, quasi mai consigliata dagli ortopedici, rappresenta una fase molto importante per poter riabituare e recuperare più velocemente i movimenti normali. In particolar modo, è utile a :
• Recuperare certe capacità muscolari prima dell’intervento;
• Eliminare le contratture e le rigidità pre-esistenti;
• Correggere atteggiamenti viziati delle articolazioni limitrofe (es. flessione del ginocchio)
• Correggere e recuperare un corretto schema del passo che col tempo è andato perduto perché si sono messi in atto meccanismi di compenso per sfuggire al dolore.
• Offrire la possibilità concreta al paziente di imparare a gestire una deambulazione con i bastoni canadesi;
• Insegnare loro a muoversi e capire quali sia non i movimenti da fare e da non fare con l’arto operato (elementi veramente molto utili dal punto di vista pratico che psicologico).
Il programma riabilitativo post-operatorio
Il programma riabilitativo post-operatorio si pone, invece, diversi obiettivi basati principalmente sul re-insegnamento dei corretti schemi motori e delle adeguate modalità per camminare, rieducazione dello schema del passo. Principalmente, il percorso di riabilitazione prevede:
• La prevenzione delle eventuali complicazioni come lussazioni (utilizzo notturno del cuscino tra le gambe), piaghe da decubito (cambio di posizione), trombi ed embolie (utilizzo di calze elastiche), edemi da stasi;
• Controllo del dolore e dell’infiammazione, con mezzi fisici;
• Il rinforzamento della parte e i messaggi relativi alle posizioni e ai movimenti che possano apportare rischi alle articolazioni;
• Il recupero della normale funzionalità attraverso l’aumento dell’articolarità e il rilascio delle contratture;
• Il potenziamento della muscolatura dell’anca e del ginocchio;
• La ricerca di una ripresa e/o il miglioramento della propriocezione;
Il trattamento inizia subito dopo l’intervento ed è incentrato principalmente su una giusta posizione e da una cauta mobilitazione.
Soprattutto per la prima fase di riabilitazione post-operatoria gli esercizi prescelti saranno di natura isometrica. Questa tipologia di esercizi, infatti, è particolarmente adatta per questo genere di riabilitazione in quanto come suggerisce il nome stesso (iso= stessa; metria= distanza) generano una forte contrazione dei muscoli nonostante non varino la loro lunghezza, come invece accadrebbe con i tradizionali esercizi di movimento.
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